:YACOUB:

Trent’anni dopo Pierre de Grenoble. Intervista a Gabriel Yacoub

 

 

Nel 1973, all’apparire di Pierre de Grenoble, gli appassionati di folk revival avevano drizzato le orecchie e annusato l’aria che attraverso le Alpi giungeva fino a noi. Quel disco, le cui sonorità erano davvero innovative,  era in effetti il segnale di qualcosa che stava per nascere: Gabriel e la sorella Marie avevano ormai posto le basi della fondazione dei Malicorne, una band che segnerà la storia del folk francese. I primi quattro album, usciti tra il 1974 e il 1977, rimarranno impressi nella nostra memoria non solo per la loro qualità artistica, ma anche per le fiabesche copertine disegnate da Albert “Gaston” Riou che ancora oggi, dopo trent’anni, collabora con Gabriel: insieme a Hugues De Courson sarà uno degli inseparabili compagni di viaggio. Nel primo album del 1974 tutti i titoli sono “tradizionali arrangiati” ad eccezione de La Pernette  la cui musica è stata scritta dallo stesso Gabriel Yacoub. I brani provengono da diverse regioni francesi ma c'è anche un tradizionale piemontese assai noto (Donna Lombarda). Compare già il logo di Martine Deschamps, due serpenti che assumono forma dell'iniziale del nome del gruppo: è un simbolo che ritroveremo spesso. Nel 1975 esce il secondo album che viene stampato anche in Italia dalla Ariston su licenza Hexagone; è curioso notare, nella seconda di copertina, un commento del giovane Moni Ovadia che individua una serie di riferimenti tra i brani del disco e i Canti popolari del Piemonte di Costantino Nigra (Einaudi 1967). Il 1976 è l’anno di pubblicazione del bellissimo Almanach, che sarà premiato con il disco d'oro nel 1978. Si arriva così al 1978, l’anno in cui escono ben due dischi Malicorne, tra cui la prima compilation che conclude il periodo con la casa discografica Hexagone; il nuovo disco infatti, per la prima volta edito da Ballon Noir, è "L'extraordinaire Tour de France d'Adelard Rousseau, dit Nivernais la clef des coeurs” . L'edizione italiana, distribuita da Ricordi, è gravemente priva del giornale di viaggio di Abelard Rousseau, un muratore entrato a far parte della setta sei "Costruttori del dovere", intorno alla cui vicenda sono stati scritti i testi del disco. Il periodo prolifico non si ferma tuttavia a questi anni: nel 1979 escono altri due dischi tra cui il primo live, registrato il 2 e il 3 Dicembre 1978 a Montreal (Québec), e  “Le bestiaire”: quest’ultimo, come si può capire dal titolo,  è un album ispirato alla simbologia animale nella tradizione. Hugues De Courson diventa in questo caso produttore del gruppo. Si giunge così all’inizio degli anni ’80: sono anni in cui il folk revival in generale ha una crisi di identità e di ispirazione cui neppure i Malicorne sfuggono. Passeranno alcuni anni prima dell’uscita de “Le cathedrales de l’industrie” e di “Balancoire en feu”, due dischi nei quali Gabriel assume sempre più il ruolo di autore delle musiche. Il gruppo decide a questo punto di sciogliersi e Gabriel intraprende una strada solista che lo porta, dopo aver lavorato a ben sette dischi, al cd del 2001, realizzato con l'aiuto di Yannick Hardouin e dell'inossidabile Hugues de Courson. Il titolo è essenziale ":YACOUB:", inserito tra due atipici segni di interpunzione. I brani sono tutti originali ad eccezione della bellissima "You stay here" (di Richard Shindell) e de "L'amour marin" (di Brassens). Ma in generale Gabriel cerca in questo lavoro di recuperare suoni più semplici e autentici rispetto al suo album precedente "Quatre". E' come se ritrovassimo il nostro autore di un tempo in tutta la sua energica forza compositiva, sempre innovativa e con pochi cedimenti. E' la stessa cosa che vorremmo accadesse anche per altri autori perché, quando accade, ci si lascia sprofondare sulla poltrona e l'entusiasmo ci porta a riascoltare anche i vecchi cd, felici di una continuità che unisce passato e presente. Ma sempre nel 2001 esce “The simple things we said”: si tratta di una raccolta concepita per il mercato americano che tuttavia possiede elementi di grande originalità. Non si pensi al solito assemblaggio di brani, dietro questa pubblicazione ci sono scelte meditate, a partire dagli arrangiamenti: il cd è stato infatti registrato a Parigi e le canzoni sono state rielaborate in modo innovativo, soprattutto grazie al bassista Yannick Hardouin e alla violinista Nathalie Rivière. E’ una lunga carriera quella di Gabriel Yacoub, una carriera che oggi si arricchisce di un nuovo capito: il libro dei suoi testi (“Les  choses les plus simples”) edito in Francia da Christian Pirot. Proprio parlando di questo libro, è iniziata la nostra conversazione.

 

A.R. Per cominciare dal presente, tu hai pubblicato un libro (Les choses les plus simples) che contiene una raccolta di 72 testi di canzoni che rappresentano significativamente un lavoro trentennale. Come è nata l’idea di pubblicare i tuoi testi e con quali criteri li hai scelti all’interno della tua vasta produzione?

 

G.Y  Il mio editore Christian Pirot ha una deliziosa collana di libri intitolata “Petite Collection Chanson”, dove ha pubblicato testi di canzoni di qualità, senza che gli autori siano necessariamente molto celebri. Io ero molto contento della sua richiesta, e invece di fare una selezione tra tutte le canzoni che ho scritto, ho scelto di prendere tutte quelle che erano state registrate da me stesso e da altri, come Roulez Fillettes, Joan Baez, Laïs, Robert Wyatt, ou Dave Van Ronk. Per ulteriori informazioni segnalo il sito dell’editore:

http://www.friendship-first.com/christianpirot_fr.htm



A.R Leggendo i testi del tuo ultimo cd ( :YACOUB :) siamo incantati dal potere evocativo delle parole e, per la sua profondità, della musica. Ascoltando il cd si ha l’impressione di fare un viaggio nella memoria, dal passato al presente. Esiste un filo, dei temi, che legano i brani del cd e le tue idee?

 

G.Y.  C’è un tema generale in questo album che mi ha ispirato una parte dei testi. Si tratta di una reazione all’idea comune e diffusa che “era meglio prima”. Io ho la sensazione che l’epoca che stiamo vivendo attualmente non é affatto l’ideale, in particolare in questi giorni di guerra assurdi: non era meglio prima, casomai peggio. Io penso anche, e provo a comportarmi in questo senso, che sarà ancora meglio dopo. Una picola filosofia ottimista, umanista.

 

A.R.  Nel passato ci sono personaggi che hanno collaborato con te a livelli differenti, a cominciare dal primo album Malicorne fino al tuo recente cd del 2001. Pensiamo per esempio a Hugues de Courson oppure ad Albert “Gaston” Riou. Ci puoi raccontare qualcosa di queste lunghe collaborazioni?

 

G.Y.  Queste persone sono sicuramente dei vecchi e buoni amici, come delle boe artistiche e umane sul mio percorso. E’ spesso appassionante fare nuovi incontri, nuove esperienze, e tutto ciò è molto arricchente. Ma è rassicurante poter contare su alcuni appoggi solidi e preziosi.

 

A.R. Qualche domanda sul passato: ci sono dei ricordi dell’inizio della tua carriera artistica ai quali sei particolarmente legato? Quali sono?

 

G.Y.  E’ difficile dire. Io vedo la mia carriera, gli esordi, poi il periodo Malicorne fino ad oggi, come un tutto unico. E’ una avventura che non dissocio dalla mia vita privata. E’ un tutto. Quello che rimane in me, è la riflessione, l’apprendistato, i dubbi, piuttosto che degli avvenimenti particolari.

 

A.R.  Nel 1996 Malicorne ha pubblicato "Balancoire en feu" dopo anni di silenzio. Come tu consideri questo cd? Il ritrovarsi dei Malicorne era solamente una parentesi o, può essere, noi avremo la fortuna di rivederli in pubblico nel prossimo futuro?

 

G.Y.  No. Prima di tutto una precisazione: l’album in realtà è datato 1986. Questo album è una sorta di addio. All’epoca abbiamo deciso di mettere fine a questa esperienza perché avevamo la sensazione di aver concluso un discorso. Dato che noi siamo relativamente ambiziosi, non volevamo assolutamente chiuderci in un guscio, ripeterci in nome di una illusione o del successo. Ciascuno di noi ha desiderato di andare in altre direzioni, verso nuove avventure. Questa decisione è stata presa serenamente da tutto il gruppo. Abbiamo dunque voluto all’epoca finire in bellezza e tentare un’esperienza: allontanarsi dal repertorio tradizionale e avvicinarci ad un repertorio fatto di canzoni originali. Ho conservato un eccellente ricordo di questo album. Non ho nessun desiderio di ricreare artificialmente una meravigliosa avventura artistica e umana.

 

A.R.  Un’ultima domanda: quali sono oggi i rapporti con tua sorella Maria dal punto di vista artistico? Quali sono i tuoi progetti attuali?

 

G.Y.  Maria ha voluto allontanarsi dalla scena, senza tuttavia abbandonare il mondo della musica. Lavora sulle musiche del mondo per una grande etichetta discografica (Virgin).