DALLA BRETAGNA AL
MEDITERRANEO
Intervista al
chitarrista bretone Soig Siberil
Definire
Soig Siberil un “chitarrista bretone” è corretto se si considera la scena
musicale cui si è ispirato da quando, a 23 anni, si è trasferito in Bretagna ed
ha cominciato a suonare la chitarra. Tuttavia il padre di Soig è originario del
Marocco e non è forse casuale il fatto che questo geniale chitarrista sia
sempre orientato alla ricerca di nuovi sodalizi artistici, soprattutto relativi
all’area mediterranea, ad esempio quello con la cantante portoghese di “fado” Bevinda.
Di questo parleremo con lui nell’intervista che gentilmente ci ha concesso. Ma
cercheremo a ritroso anche di ripercorrere alcune tappe della sua lunga
carriera, a cominciare dall’incontro con il chitarrista irlandese Michael
O’Donnell che è stato determinante per la messa a punto della tecnica dell’
“accordo aperto” che Soig ha portato all’interno della musica bretone (si veda
l’articolo pubblicato sul n.1 di questa stessa rivista). Sono gli anni del suo primo impegno artistico
con il gruppo SKED che ha costituito la premessa alla formazione dei GWERZ, che
sono tra gli interpreti principali del folk-revival degli anni ottanta. Il loro
primo album è stato pubblicato in due versioni: il vinile della Dastum del 1986
viene rimasterizzato su cd nel 1998. Un disco magico e vivacissimo nei suoni,
originale negli arrangiamenti, forse ancor più che nell'album successivo “Au
delà”, quello che ha dato loro la notorietà in campo europeo. Il primo lavoro
da solista di Siberil, “Digor” (1993), nasce da una esperienza musicale in
Galizia, durante la quale ha modo di elaborare arrangiamenti sempre più
personali.
"La
chitarra di Soig non accompagna la nostra solitudine. Essa la cancella":
sono le parole con cui Ronan Gorgiard presenta nel 1996 la seconda fatica
artistica di di questo eclettico musicista: il cd “Entre ardoise et granit”. Davvero
la sua chitarra invade i nostri paesaggi interiori e tocca le corde più profonde
della nostra sensibilità. Le sonorità acustiche sono arricchite dal bouzouki di
Jamie Mac Menemy (con cui Siberil ha condiviso l'avventura Kornog), dalla
chitarra tenore di Jacky Molard e da quella a 12 corde di Jacques Pellen.
Nel
1999 viene pubblicato "Gwenojenn", che è un incontro tra un'arpa,
quella di Alan Stivell, e una chitarra, suonata con grande maestria da Soig. Il
titolo dell'album nasce quindi dal brano omonimo, un tradizionale arrangiato
dai due musicisti. Ma in generale va detto che, in questa produzione, Soig
Siberil ha trovato una grande "spalla" nell'amico Alain Genty, autore
di molti arrangiamenti ma anche della registrazione e del missaggio.
Ma
è all’inizio del nuovo secolo che appaiono le opere più innovative: “Gitar” nel
2001 consacra il talento di questo chitarrista. I brani hanno un suono pieno e
avvolgente: a ciò contribuiscono anche le collaborazioni con Felix Lalanne,
SYlvaine Guichen, Patrice Marzin e Jean Luc Cortes. La vena creativa di Soig
sembra inarrestabile e la qualità del suo lavoro va ormai oltre i confini del
folk tradizionale per entrare in una dimensione di musica
"progressiva" che non dimentica tuttavia le proprie radici. Quando
poi nel 2002 esce sul mercato il cd realizzato insieme a Patrice Marzin e a
Jean Charles Guichen, ci viene alla mente una domanda che sembrerebbe dover
rimanere senza risposta: come fanno tre chitarristi a muovere il pubblico al
ballo? E’ questa la domanda con cui apriremo l’intervista. La chitarra, come è
noto, é uno strumento solista, di norma utilizzato per le danze solo come
accompagnamento ritmico. In questo caso invece abbiamo a che fare con tre
chitarre soliste che, ecco spiegato l’arcano, riescono a creare un “muro”
sonoro davvero irresistibile, un’onda travolgente. Tutti i brani del cd hanno
una partenza che segue schemi tradizionali ma nel finale si evolvono, come se
tutti i musicisti esprimessero pienamente la loro personalità e la loro
passionalità. Dal punto di vista della personalità i tre si integrano alla
perfezione a testimonianza della strada percorsa insieme negli anni
passati: i riff energici di Guichen, le cesellature granitiche di Siberil ed i
volteggi aerei di Marzin, sono come i pezzi di uno stesso mosaico. La
passionalità è invece qualcosa che all’ascolto si sente a fior di pelle, si
sente tutta l’atmosfera della terra di Bretagna: laridé, gighe e gavotte, si
tingono di seppia, riflettono il blu della notte, brillano di un’alba color
ocra. C’ è un brano in particolare dal titolo “An Dro PSG”, scritto da Soig e
Jean Charles insieme a Gaby Kerdoncuff, che ha i tratti violenti di un uragano
e i silenzi brillanti della successiva schiarita. Non rimane che l’ascolto e
l’attesa, impaziente, del nuovo lavoro cui si parla in questa intervista: sarà
un’opera che, come dice lo stesso Siberil, avrà i colori del mediterraneo.
A.R.
Quest’anno hai pubblicato un cd con Jean Charles Guichen e Patrice Marzin,
anche loro chitarristi. In trio avete suonato in occasione delle tradizionali
“fete-noz” ma… come siete riusciti a far danzare tante persone solamente con
tre chitarre? Come è nato il sodalizio artistico con Jean Charles e Patrice?
Puoi fare una breve storia di questo nuovo cd?
S:S:
In sostanza ci dividiamo il “lavoro”! Io e Jean Charles trattiamo i temi
musicali alla maniera del “kan ha diskan” e Patrice si fa carico degli
arrangiamenti e dell’improvvisazione; gestiamo poi i volumi delle chitarre
secondo le parti da eseguire (solista o accompagnamento). Di fatto conosco Jean
Charles dal giorno in cui era un giovane ragazzo venuto per seguire uno mio stage
di chitarra circa sedici anni fa!!! Noi ci siamo rivisti in seguito quando lui
suonava con gli Ar Re Yaouank. Quanto a Patrice, io gli avevo affidato la
produzione artistica del mio album “Gitar” e siccome lui aveva già lavorato con
gli Ar Re Yaouank… il trio era naturalmente nato!!!
A.R. Tu fai anche parte del gruppo Les Ours du Scorff, il
cui lavoro consiste nel condurre i bambini a scoprire la musica bretone per
meglio apprezzarla. Che cosa dicono i bambini ascoltando i vostri pezzi? Come
essi hanno risposto alla vostra proposta?
S.S:
No, in realtà il lavoro principale coi bambini consiste nel raccontare loro
delle storie nella forma di una canzone, utilizzando come base la musica della loro
regione!
A.R.:
Tu hai seguito percorsi musicali molto differenti che spesso portano lontano,
penso ad esempio alla collaborazione con la cantante di “fado” Belinda, ma
anche agli incontri con musicisti che suonano strumenti esotici (solo per fare
qualche esempio: i vari derbouka, karkabou, bendir e tar di Bachir Molari
oppure i sax di Karl Goriou). La tua musica è una ricerca continua di incontri
sonori. A tuo avviso è esatta questa definizione? Come puoi definire lo spirito
della tua ricerca musicale?
S.S.:
La mia musica non è solamente una ricerca di incontri sonori ma anche di
incontri umani! A questo proposito una settimana fa mi è stata data “carta
bianca” per uno spettacolo da un centro culturale in Bretagna. Io avevo pensato
per questo concerto di trovare un legame tra la Bretagna ed il mediterraneo,
non con fini commerciali ma personali: questo perché mio padre è originario del
centro della Bretagna e mia madre è nata a Casablanca ed è dunque marocchina! Io
ho voluto per questa occasione utilizzare la musica che io suono come base e
aggiungere ad essa un colore del sud! Per questo motivo abbiamo formato un
quintetto composto da Alain Genty al basso, Camel Zékri all’oud, Karl Goriou al
sax, Pierre Yves che si dedica a differenti percussioni, ed il sottoscritto. Il
concerto è intitolato: "du côté de
chez Soig!" (“Dalla parte di Soig!”, un gioco di parole che gli
appassionati di Proust capiranno). Questo primo concerto è stato registrato
“live” dalla Coop Breizh e il cd uscirà nel prossimo Novembre. Sono molto
felice di questo incontro allo stesso tempo umano e musicale e ora che questo
quintetto esiste in tutto e per tutto noi speriamo di esibirci un po’ ovunque.
Come dicevo, la base sono dunque le mie composizioni e la musica bretone, ma a
fare da “collante” è in particolare l’aggiunta delle percussioni e l’arrivo di
Camel, che conosce sia la musica Gnawwa con tutte le sue complessità ritmiche
sia la musica d’improvvisazione.
A.R. : Che cosa ricordi in particolare
dell’incontro con il chitarrista irlandese Michaël O'Donnell? In quale situazione
l’avevi incontrato? Che cosa lui ti ha dato dal punto di vista artistico?
S.S.:
Ho incontrato Michael in Bretagna, molto vicino a casa mia, circa 28 anni fa!!!
Egli mi ha permesso di conoscere un nuovo modo di vedere e di suonare la
chitarra, in quello che notoriamente si chiama “open tuning”, che per me era
tipico della chitarra irlandese. Allora mi sono detto: voglio suonare la
“chitarra bretone”!
A.R. :
Tu hai suonato la chitarra elettrica con il gruppo DEN ma poi hai fatto
rapidamente ritorno alla chitarra acustica: come è nata l’idea di suonare la
chitarra elettrica? Era solo una parentesi o tu pensi di utilizzare ancora in
futuro questo strumento?
S.S.:
Io ho suonato la chitarra elettrica con il gruppo DEN dal momento della loro
formazione, in effetti oltre agli strumenti acustici c’era una ritmica
basso-batteria adatta alle sonorità elettriche. Ma no né che in questo modo
volessi darmi importanza, avevo sempre con me anche la mia chitarra acustica
Martin. Questa chitarra elettrica era speciale: era stata fatta da un liutaio
che si era ispirato al manico della mia Martin e aveva inserito un sistema di
microfoni in modo che potessi ottenere una sonorità che mi ricordasse
l’elettro-acustica. Io ho sempre con me questo strumento e l’utilizzo su alcuni
dischi per creare le giuste ambientazioni (arpeggi in sovraincisione).
A.R.: Un’ultima domanda: come giudichi oggi la
diffusione della chitarra in “accordo aperto” in Bretagna? Quali sono i
chitarristi più interessanti?
S.S.: E’ vero
in effetti che questa scuola di “open tuning” ha fatto molti adepti in
Bretagna; tuttavia forse sarebbe positivo se le espressioni artistiche fossero
maggiormente personali. A livello di chitarristi in Bretagna io amo in
particolare il lavoro di Gilles Le Bigot, sia nell’ambito del gruppo Skolvan
sia nelle sue composizioni.