BRETAGNA, TERRA DI MUSICISTI
Intervista a PATRICK MOLARD sulle
novità della scena musicale bretone
C’è una regione della Francia
in cui migliaia di persone, di diversa età e ceto sociale, si ritrovano
frequentemente per ascoltare un concerto o trascorrere un’intera nottata nel
ballo trascinante di una fest-noz. Parliamo della Bretagna, la regione del
nord-ovest; chi la conosce, sa come nei paesi e nelle città la musica imprima
un ritmo quotidiano alla vita, come sia frequente nelle strade incontrare una
coppia di suonatori di bombarda e biniou o sentire il suono di un accordeon
filtrare dalla porta di un bistrot. In questo ambito è facile immaginare la
creatività e prolificità di una scena musicale di cui, in Italia, si ha forse
solo una epidermica percezione. Infatti dopo Alan Stivell, che negli anni
settanta ha inaugurato la stagione del folk-revival ottenendo successo in tutta
Europa, gli artisti e i loro prodotti musicali sono giunti nel nostro paese col
contagocce. Eppure case discografiche come Coop Breizh, Keltia Musique e L’Oz
Production, hanno conosciuto nell’ultimo decennio un vero e proprio boom
discografico, del quale non ci rimane tuttavia che qualche eco.
Per conoscere la ricchezza
della musica bretone all’inizio del nuovo millennio abbiamo dunque intervistato
uno dei suoi esponenti maggiormente prestigiosi: Patrick Molard. Patrick,
insieme ai fratelli Jacky e Dominique, ha dato vita in questi anni a numerosi
gruppi (Ogham, Gwerz, Pennou Skoulm, Archétype, fino al recentissimo Bal
Tribal) ed è stato autore di proposte originalissime tra cui “Deliou”, un cd
uscito nel 2001 e vincitore di numerosi premi. Occorre sottolineare come la
musica di Patrick, così come quella di altri grandi interpreti, sia eclettica,
“aperta” al punto da trovare punti d’incontro con tradizioni e stili diversi,
dalla Galizia all’est europeo. Lontana dalle facili mode del celtismo, l’arte
della musica tradizionale supera oggi i confini delle regioni e non è più
espressione di culture chiuse, localistiche; la creatività nasce nel dialogo e
nel confronto. In questo senso occorre segnalare il lavoro di Erik Marchand che
ha trovato un terreno espressivo comune con il jazz dell’italiano Paolo Fresu
(si ascolti il bellissimo cd “Condaghes”) o con la musica rumena dei Taraf di
Caransebes.
Proprio con Marchand, Patrick
e Jacky Molard hanno fondato nel 1982 il gruppo Gwerz che è stato un importante
punto di riferimento negli anni ottanta. Jacky è un violinista di talento con
una straordinaria sensibilità, a lui si devono gli arrangiamenti di “Deliou” e
la ricerca delle sonorità più innovative. Di quest’ultimo disco vorremmo
ricordare, oltre alla splendida voce della cantante Kalinka Vulcheva (ex
solista delle “voci bulgare”), un brano in particolare: “Flame of Wrath for
Squinting Park”, un urlo di collera e d’amore insieme che suscita le emozioni
più profonde negli uditori. Ci sarebbero poi da citare le “celtic procession”
di Jacques Pellen, un chitarrista tanto geniale quanto musicalmente
inclassificabile e con il quale i fratelli Molard hanno attivamente
collaborato. Ma le citazioni sarebbero indubbiamente molte e numerosi gli
artisti di cui parlare.
In generale, come valuti attualmente il panorama
della musica bretone ? Quali sono a tuo avviso le linee di sviluppo più
visibili? Quali sono i nuovi gruppi che propongono le composizioni e gli
arrangiamenti più originali?
«Personalmente, trovo che la musica bretone abbia fatto un passo indietro
rispetto al gran chiacchierare mediatico degli anni novanta. Gli anni ottanta
sono stati estremamente ricchi in termini di ricerca, di creazione, di
radicamento profondo nella musica bretone, ma questo lavoro è stato purtroppo
sciupato dal fenomeno della “spettacolarizzazione” e della
“commercializzazione” verificatesi negli anni novanta. Molti artisti hanno
abbandonatola loro attività di ricerca per dedicarsi alla loro carriera
personale, con la speranza di spartire e ottenere la loro parte della torta. Ancora
più grave, alcuni musicisti che in precedenza non erano affatto interessati
alla musica bretone ne hanno approfittato per salire sul treno in corsa
torturando il pubblico con una pseudo-musica bretone evolutiva, utile solo a
riempire di soldi le loro tasche. Per fortuna, il lavoro sul terreno continua,
l’insegnamento si sviluppa, ma bisognerà attendere che la nebbia si dissolva
per vedere in quale reale stato si trovi la musica bretone. In linea generale,
la musica delle Fest-noz rimane la linea più visibile, ma non ci sono più
gruppi da concerto come Barzaz o Gwerz».
Il tuo cd « Deliou », che ha ottenuto
il premio « Choc per la musique » e il « Grand prix du Disque
Produit en Bretagne », rappresenta senza dubbio un momento importante per
la tua carriera ma anche per il folk bretone in generale. Come è nato un
progetto così vasto che ti ha portato anche a collaborare con la cantante
Kalinka Vulcheva?
« Prima di tutto, Deliou non è un disco di musica bretone, ma un
insieme di brani che sono il riflesso del mio percorso personale di questi
ultimi trent’anni. C’è la Scozia prima di tutto, con un “pibroch” (N.d.T.: la scrittura esatta è “piobaireachd”, si
tratta di un brano classico dei suonatori di cornamusa scozzese) che è la
musica che preferisco e che conosco meglio. C’è poi la Galizia, dove ho molti
amici, e per la quale attualmente soffro a causa dello scandaloso inquinamento
che tocca le sue spiagge e colpisce con una frustata la sua economia.
Certamente c’è anche la Bretagna, con delle composizioni poco conosciute dal
grande pubblico come “Anne Cloarec”, scritta da Herri Léon, oppure “Bloavezh
Mad” di Perig Herbert. Infine c’è la Bulgaria con il brano omonimo “Deliou”,
risultato di un magico incontro con Kalinka Vulcheva nel 1992, in occasione di
un festival in Germania. Inizialmente noi abbiamo registrato la canzone “Deliou”,
in seguito tutto è andato strutturandosi intorno all’emozione che questa
canzone emanava».
Quali linee di continuità esistono tra
« Deliou » e la nuova creazione « Bal Tribal » ? Quale
accoglienza il pubblico ha riservato a quest’ultima produzione in occasione
della tournée svizzera dell’estate del 2002 ?
« Bal tribal è uno spettacolo che prolunga il disco “Deliou”, con
degli estratti dello stesso disco e delle composizioni inedite di mio fratello
Jacky. Tredici musicisti occupano la scena, indubbiamente con i tre fratelli
Molard al centro. Kalinka Vulcheva è l’invitata speciale, Jacques pellen alla
chitarra, un quartetto a corde, Miche Aumont al clarinetto, Yves Berthou alla
bombarda e Dominique Le Bozec alla batteria. Il gruppo ha già suonato una dozzina di volte
in Bretagna, ma anche in Spagna, in Portogallo, e recentemente in occasione
dell’Esposizione Nazionale della Svizzera a Yverdon, dove il pubblico svizzero
ha tributato un vero trionfo al gruppo. Un disco live è stato registrato nel
Febbraio 2002 nella sala “Glenmor” di Carhaix e sarà distribuito prossimamente
ovunque in Europa».
All’inizio degli anni ottanta si è formato il
gruppo Gwerz il cui album « Au-delà » ha ottenuto in Europa un
successo di critica e di pubblico. Oggi il gruppo continua a proporsi in
esibizioni pubbliche di livello molto alto. Pensi che ciò possa rappresentare
una premessa per la pubblicazione di un nuovo lavoro con composizioni
originali? Come immagini il futuro del gruppo?
« Il gruppo Gwerz ha cessato
di prodursi nel 2001. Questo gruppo è stato un “faro” negli anni ottanta, si è
ripresentato alcune volte negli anni novanta (“Gwerz live” è del 1992) ma
alcuni dei suoi membri hanno preferito dedicarsi alla loro carriera; questo
fatto spiega la fine discreta del gruppo che rimarrà una grande creazione nella
storia della musica bretone».
A molti anni di distanza dalla fondazione nel
1976 del gruppo Ogham, oggi hai ripreso una collaborazione attiva e continua
coi tuoi fratelli Jacky e Dominique. Cosa significa per te, oggi, la loro
presenza?
« La musica è in effetti una storia di famiglia in casa Molard. Io ho
cominciato per primo nel 1965 al “bagad” de St-Malo, seguito da mio fratello
Dominique, e alcuni anni dopo abbiamo creato Ogham, raggiunti dai nostri due
fratelli Claude e Jacky. Certamente è con molta emozione che noi suoniamo
insieme, e tutti i nostri pensieri più affettuosi vanno a Claude che ci ha
lasciato in un giorno funesto del Marzo 1996».
Rispetto all’apertura culturale che porta la tua
musica e quella di molti altri artisti a incontrare differenti esperienze
attraversando le frontiere regionali, c’è in Italia e in Europa la moda del
“celtismo” le cui manifestazioni musicali si presentano come “chiusura” e come
simbolo di rivendicazioni politiche locali. Come giudichi questo fenomeno?
« Come dicevo in risposta alla prima domanda, il celtismo è prima di
tutto un puro prodotto commerciale e non significa gran cosa per me. Quando il
cestismo avrà finito di far vendere, credetemi, se ne parlerà molto meno. Quello
che è importante per me è il restare se stessi e di non farci assorbire e
digerire dall’uniformità che ci circonda, notoriamente a causa delle nuove
tecnologie che riducono le dimensioni del pianeta. Molte persone che in
Bretagna pensano sinceramente di far evolvere la musica bretone non si rendono
conto che di fatto servono la stessa zuppa, vagamente speziata di ingredienti
celtici, che è quella che ci viene proposta tutti i giorni dai media. Aprirsi
al mondo, d’accordo, ma attenzione di non lasciare aperta una porta troppo
grande!».
Quali sono i tuoi progetti per il 2003? C’è la possibilità di una tua presenza
sulle scene italiane?
« Per il 2003 ho decisodi ritornare ai miei
primi amori, a suonare la cornamusa solista e soprattutto il “pibroch”. Ne
esistono circa trecento, io ne conosco un centinaio. Ho in progetto un altro cd
di “pibroch” che è il seguito di quello apparso nel 1993 per l’etichetta Gwerz
Pladenn. Un secondo progetto è quello di pubblicare una raccolta delle mie
migliori partiture (composizioni e arrangiamenti) , e preparo parallelamente un
lavoro sulla musica bretone con la uillean-pipe, sicuramente con un organista. Quanto
all’Italia, non ho ancora date in previsione, ma sicuramente sarei ben felice
di esservi invitato! ».